TRASFORMAZIONI E DIFFICOLTÀ – Questi ultimi anni saranno ricordati come un complicato intreccio fra innovazione, cambiamento e difficoltà di ogni tipo. Fra queste ultime citiamo la pandemia da Covid-19 con conseguente lockdown, mentre la ripresa ha anche causato scarsità di semiconduttori e carenza nelle forniture di materie prime con conseguenti aumenti dei loro prezzi. Nel 2022 si è avuta l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, cosa che non solo ha provocato ingenti danni alle case automobilistiche straniere che hanno stabilimenti in Russia, ma ha anche gravemente colpito il commercio mondiale per l’impennata nei prezzi dell’energia e per gli ostacoli agli scambi. L’automotive ha anche sperimentato la quasi totale interruzione della produzione ucraina dei cablaggi elettrici (qui la notizia). Questi fattori negativi sono arrivati nel bel mezzo di una trasformazione nel segno della riduzione dell’impatto ambientale sotto forma di transizione ai veicoli elettrici che hanno zero emissioni locali. Molta carne al fuoco, quindi, che cercheremo di analizzare per punti principali.
PREZZI IN AUMENTO, REDDITI EROSI – L’automotive è colpito dall’inflazione perché il denaro per gli investimenti, per esempio, ora costa molto più di un anno fa. La spiegazione è semplice: per combattere l’inflazione, le banche centrali hanno alzato i tassi di interesse interrompendo un periodo durante il quale i prestiti erano quasi gratuiti. Nel 2022 si è passati – negli USA e in Europa – da tassi intorno allo 0,25% a inizio anno a valori superiori al 4% in questi giorni. Molti Gruppi automobilistici hanno al loro interno divisioni che erogano finanziamenti che possono cercare di limitare l’aumento dei tassi, ma i potenziali acquirenti potrebbero non farcela lo stesso ad acquistare un’automobile nuova (e a volte anche usata) dato che le spese familiari sono aumentate molto.
Per quel che riguarda la scarsità dei chip Auto Forecast Solution spiega che trovare manodopera e materie prime a basso costo ha consentito ai prezzi di rimanere stabili (anche se le tecnologie usate non erano particolarmente all’avanguardia) e ha facilitato l’adozione di sistemi di navigazione, infotainment e controllo ad alta tecnologia, aumentando la redditività dei veicoli. Questo schema è perdurato fino a quando influssi esterni, quali la pandemia e la decisione della Cina di chiudere completamente intere grandi aree colpite dal contagio, hanno interrotto le forniture di componenti necessari alla fabbricazione globali di molti prodotti. Le proteste causate da queste chiusure forzate hanno indotto le autorità cinesi a allentare le restrizioni causando un rilevante aumento dei contagi che minaccia di infiammare di nuovo la pandemia.
POCHI CHIP PER LE AUTOMOBILI – Fra le varie difficoltà attuali sembra che l’ostacolo maggiore per la produzione dei veicoli sia la fornitura dei semiconduttori. All’inizio della pandemia molti componenti sono diventati scarsi e i le Case, ostacolate dai lockdown, hanno ridotto o annullato gli ordini dei chip. La scarsa offerta di semiconduttori, diminuita a causa del Covid-19, si è così spostata verso altri settori e quando l’industria automobilistica si è ripresa ha scoperto di essere stata messa in fondo alla coda dei clienti. L’industria automobilistica aveva nuovamente bisogno di molti chip, ma questo avrebbe richiesto più capacità produttiva. La cosa è lenta e costosa, dato che un impianto per produrre semiconduttori richiede anni e decine di miliardi (ne avevamo scritto qui). Chi mette in campo tante energie e denaro lo fa per fabbricare chip con tecnologie recenti ma, come vista più sopra, i semiconduttori utilizzati nei veicoli generalmente non sono allo stato dell’arte e quindi si ha poco interesse a produrli. Quindi la carenza dei chip per l’automotive non si risolverà rapidamente.
PIÙ FLESSIBILI SE VERTICALI – L’analisi della società di ricerca punta il dito sulle case automobilistiche che hanno avuto la possibilità di risolvere questo problema, ma solo poche di loro l’hanno affrontato. Alcuni veicoli recenti, specialmente quelli elettrici, utilizzano chip più moderni, ma quelli più tradizionali non hanno ancora effettuato questa ‘migrazione’. Questo ha indotto i costruttori a tagliare la produzione di veicoli più semplici e puntare sui modelli con margini maggiori, una delle motivazioni che hanno spinto al riposizionamento della Mercedes (qui per saperne di più).
In questi anni difficili Tesla ha saputo aumentare molto produzione e margini perché ha sfruttato al meglio sia la minor complessità delle elettriche sia le sue capacità interne di progettazione e produzione dei componenti (ad esempio i sedili e l’elettronica). Questa ‘verticalità’ le ha dato flessibilità sia nell’incontrare le richieste del mercato sia nella reazione alle difficoltà. Il controllo più diretto sulle specifiche dei componenti riduce infatti i tempi di progettazione, produzione e convalida dei pezzi rispetto al modello tradizionale. La prova più evidente è stata la risposta alla carenza di chip, quando gli ingegneri Tesla sono passati dai chip con tecnologia a 7 nm (nanometri, 1 milionesimo di mm) ai più moderni da 5 nm, riprogettando inoltre i circuiti stampati e il software dei quali hanno il controllo perché concepiti internamente. I veicoli elettrici costringono inoltre a ripensare la relazione fra fornitore e costruttore, con quest’ultimo che può riportare in house diverse lavorazioni.
AUTO ELETTRICHE, IL DILEMMA DELLE BATTERIE – La produzione delle batterie è vitale per la costruzione dei veicoli elettrici e le joint venture tra i produttori di celle per batterie e i costruttori sono l’accordo attualmente più usato, dato che distribuisce il rischio tra i partner: se i molti studi sulle nuove celle si concretizzassero, l’esborso finanziario per riconvertire verso le tecnologie più evolute sarebbe infatti diviso. Le celle attualmente in uso sono quelle agli ioni di litio, i cui minerali non sono molto abbondanti, e a questo ostacolo si aggiungono vincoli quali l’Inflation Reduction Act (IRA) negli USA, una legge che ha provocato accuse di protezionismo (qui la news). Si prevede che i veicoli elettrici a batteria (esclusi gli ibridi) rappresenteranno il 34%, dei volumi produttivi nordamericani entro il 2029, cosa che richiederebbe una produzione di celle superiore ai 500 GWh all’anno. Contando le fabbriche esistenti e quelle future già annunciate si arriverebbe a circa 320 GWh entro il 2026: basteranno per evitare colli di bottiglia?
PARITÀ DI PREZZO SI, MA QUANDO? IN FORSE – Un momento clou della rincorsa delle auto elettriche nei confronti di quelle (di caratteristiche comparabili) con motore termico sarà quando il loro prezzo sarà simile. L’idea di fondo era che l’aumentata produzione di batterie e le relative economie di scala avrebbero ridotto il costo delle batterie stesse avvicinando il prezzo dei due tipi di veicoli. Non solo questo non è ancora successo, ma la data della parità di prezzo sembra allontanarsi. Le economie di scala ci sono e stanno agendo, ma gli aumenti del prezzo dell’energia e delle materie prime ne stanno annullando gli effetti. L’offerta di litio e degli altri minerali necessari per la costruzione delle celle crescerà meno velocemente della domanda di batterie e questo porterà in alto i prezzi delle batterie per quest’anno e per il 2024. Le nuove capacità estrattive di materie prime dovrebbero entrare a regime nel 2025/2026, date a partire dalle quali i prezzi delle batterie dovrebbero riportarsi ai livelli dell’inizio del 2022. I prezzi dei veicoli elettrici aumenteranno quindi fino al 2024, rallentando la crescita di domanda e produzione che riprenderanno forza dopo il 2024. Anche i prezzi delle automobili con motore convenzionale sono in salita, sia perché le Case puntano su modelli con margini più elevati sia perché la scarsità dell’offerta ha praticamente annullato gli sconti. La parità di prezzo con le elettriche avverrà quindi a un livello più alto e questo non faciliterà gli acquisti.
LA SOVRANITÀ DEL CODICE – Un altro tema cruciale è il software delle automobili, individuato ormai come cruciale da tutti i costruttori. La necessità di un sistema operativo centralizzato, vista nativamente da quella Tesla nata nella Silicon Valley, è ormai evidente ed è l’unica soluzione per risolvere i problemi causati dai sistemi dei veicoli attuali, conflittuali aggregati di software provenienti da diversi fornitori. Un ripensamento dei veicoli in chiave informatica aumenta inoltre la cybersecutity e permette di implementare più velocemente cambiamenti nell’ardware meccanico/elettronico. Questa transizione non è indolore, come dimostrato dall’esperienza della software house CARIAD di Volkswagen: i bug presenti nelle prime versioni e il ritardo con il quale sono stati implementati gli aggiornamenti over the air hanno fatto ‘soffrire’ le ID.3 e ID.4 e ritardato modelli Audi, Porsche e Bentley (qui per saperne di più), difficoltà che hanno contribuito alla defenestrazione di Herbert Dies, poi passato alla società Infineon (qui la news).
Auto Forecast Solution rileva che queste difficoltà potrebbero indurre qualche costruttore ad affidarsi a Google o Apple per tagliare i costi di sviluppo dei sistemi di bordo e dell’interfaccia tramite display. Queste Case vengono definite ‘incaute’ perché cedere l’accesso ai dati del veicolo e dei passeggeri potrebbe instaurare una situazione pericolosa nella quale un’azienda esterna controlla una parte importante dell’esperienza che i passeggeri hanno nel veicolo. Un’applicazione proprietaria, per quanto impegnativa e costosa da sviluppare, è quindi la via maestra. La sua realizzazione non si riduce però alla mera assunzione di ingegneri del software ma implica anche (e soprattutto) un cambiamento dell’atteggiamento di tutta l’organizzazione.
GUIDA AUTONOMA A RITMO LENTO – Controversa è poi la situazione delle automobili-robot, gli studi per le quali stanno comunque migliorando la sicurezza dei veicoli grazie ad ADAS quali la frenata automatica e il mantenimento della corsia. La creazione di veicoli completamente autonomi si sta invece rivelando molto più difficile di quanto si pensasse (qui la notizia) e ha per esempio messo in difficoltà Argo AI, ritardato il lancio del veicolo autonomo di Apple e indotto Waymo a ridimensionare il suo impegno. Una volta raggiunto il Level 5 è possibile che le autorità debbano rivedere le leggi per permettere a questi veicoli di circolare ma questa situazione non si concretizzerà prima degli anni ‘30.
CONCORRENZA, LE PREVISIONI DI UN CAR GUY – Bob Lutz, un car guy divenuto leggenda grazie a 43 anni di carriera nell’automotive (in GM, Ford, Chrysler e BMW), 20 anni fa ha rilasciato un’intervista nella quale spiegava come l’industria automobilistica si sarebbe evoluta e avrebbe consentito una maggiore concorrenza. Prima di lui si riteneva che la costruzione di veicoli fosse così costosa da impedire l’ingresso di nuovi player: lo scenario comunemente accettato – anche da Sergio Marchionne – prevedeva pochi gruppi globali dominanti e alcuni attori a presidiare nicchie molto specializzate. La ‘profezia’ di Lutz si sta avverando anche se con aspetti un po’ diversi da quelli da lui esposti.
I veicoli elettrici permettono una maggiore esternalizzazione della produzione (i già citati accordi per la produzione delle batterie, che interessano sia i costruttori consolidati sia le startup, ne sono un esempio) e questo può arrivare fino al rivolgersi ad assemblatori conto terzi, come fatto per esempio da Fisker per la sua Ocean e la nuova Pear (qui la notizia). L’impegno finanziario può diventare importante anche in questo caso, soprattutto per il rialzo dei tassi visto prima, ma è indubbiamente minore rispetto al dover allestire una fabbrica e una produzione ex-novo. Un aspetto che Lutz non aveva evidenziato (era difficile pensarlo 20 anni fa) è stato il ruolo della Cina, una sorta di gigantesca startup che conta decine di marchi emergenti quali Nio e Xpeng oltre a colossi globali quali BYD, Grat Wall e Geely. Una serie di new entrant da non sottovalutare.
VENDERE SI, MA COME? – Cambiamenti in vista anche per i modelli di vendita, per i quali si propone il modello di agenzia in alternativa alle concessioni. L’assottigliamento delle scorte per la pandemia e la carenza dei chip hanno sbilanciato la tradizionale trattativa a favore del venditore, aumentando la redditività delle Case e delle concessionarie. L’aumento dei tassi rende ancora più costose le grandi scorte di prodotti invenduti, cosa che spingerà i rivenditori a tagliare questi costi diminuendo così le auto in ‘pronta consegna’. Il modello di agenzia, che sta suscitando più di un mugugno fra i concessionari anche se Stellanti sostiene che la redditività per il venditore resterà invariata se non superiore (qui per saperne di più), non dà al venditore il compito di fare scorte e quindi è in qualche modo simile a quel che sta accadendo nelle concessionarie post pandemia. Questo modello – la Casa vende direttamente ai clienti tramite gli agenti – crea però delle perplessità pensando all’assistenza: gli aggiornamenti over the air potranno risolvere i problemi del software ma quando un componente ‘fisico ha un problema, qualcuno deve effettuare materialmente la riparazione ed è qui che i concessionari hanno buon gioco. Quindi questo 2023 appare piuttosto incerto ma i cambiamenti possono anche essere positivi.
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Mondo dell’automobile: quali prospettive nel 2023?
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